“I naufragi insegnano a conoscere il mare.” (M)
Non so voi, ma io praticamente ogni volta che mi cimento nel fare qualcosa, sbaglio rotta, centro l’unico scoglio nei paraggi, finisco in un uragano enorme e mi ritrovo sbattuto solo e inzuppato su una spiaggia. E lo strano è che poi lì di solito ci scopro anche un tesoro.
Ad esempio nel mio primo lavoro il titolare, firmando le mie dimissioni dopo meno di un anno, mi aveva consigliato di cercare un posto alle poste: ero una schiappa come progettista, potevo occuparmi solo di scartoffie di qualità.
Anche se mi ritoccò tornare disoccupato e restarci per più di 6 mesi, pochi anni dopo le “scartoffie di qualità” divennero la mia eccellenza, tanto da iniziare ad essere invitato come relatore ai congressi di settore e a qualificarmi come formatore di auditor professionisti per conto di una tra le più importanti organizzazioni statunitensi.
Mi fermo qui con la narrazione delle burrasche (tipo separazioni coniugali, fallimenti di creditori, dipendenti truffaldini, estinzione repentina dell’indotto automotive piemontese), tanto basta per qualificarmi come esperto di naufragi e degustatore sopraffino della sensazione di smarrimento, inzuppamento, freddo, sale e sabbia che ci si porta dietro dopo, per mesi.
Ma sapete qual è l’effetto miracoloso di quella sensazione? Ti rende più temprato, più oculato, più disincantato e spettinato: migliore insomma.
Il potere sciamanico delle tue cicatrici ti trasforma, se lo accetti.
Il naufragio è solo un ormeggio forzoso e inopportuno con inabissamento drastico del natante. Tutto lì.
Impariamo da Jack Sparrow: è sopravvissuto alle maledizioni, agli inseguimenti, ai duelli e agli ammutinamenti di tutta la saga dei Pirati dei Caraibi e ha ancora voglia di uscire sugli schermi nel 2017. E noi si fa esattamente come lui, ecco come.